MARIO ROMANO RICCI, LA SCULTURA COME ATTO DI FEDE

La “prima” volta della scultura a Judicaria è dedicata a Mario Romano Ricci, toscano di Sansepolcro residente in Trentino da lungo tempo, per un certo tratto anche al Bleggio.

In questo modo dopo la pittura, l’acquarello, il disegno, la grafica, la fotografia, anche la scultura riceve il suo giusto spazio nel Centro Studi Judicaria al XIV evento di JudicarArte.

L’artista Ricci, che opera prevalentemente su legno pur non disdegnando altri materiali (porfido, per esempio, o marmo), si è segnalato da tempo alla critica con una lunga serie di partecipazioni a concorsi nazionali per il suo impegno propositivo nel campo della scultura su legno.

Reduce da numerose mostre in Trentino e a livello nazionale, egli con le sue sculture realizza nel legno contemporaneamente l’immagine dell’uomo e dell’artista, intimamente connesse nella creatività offerta dal Creatore. In questa prospettiva di  impegno teorico, l’artista offre un messaggio “forte” sull’esistenza umana e i suoi valori fondanti, a partire dalla concezione mistica dei Catari medievali.

Le sue opere sono presenti in progetti curatoriali ed eventi culturali in numerose città italiane, nonché in collezioni pubbliche e private. Nel suo lavoro esprime i nessi universali che danno significato alla vita umana.

Lo studio dei classici va di pari passo con la scoperta nell’Universo della dimensione dell’eternità.

Per questo l’opera di Ricci intende rappresentare l’esistenza umana in tutte le sue dimensioni vitalistiche: nascita, fatica, illusione, il limite invalicabile del Tempo e della Necessità: in tutte le opere presentate nelle varie rassegne l’idea dello scultore è quella di offrire un marchio, un inconsapevole Leitmotiv, che è poi lo stesso Creatore come ente-che-si-prende-cura dell’umanità.

La scalfittura drammatica e decisamente forte si sposa in Ricci con un linguaggio adatto al legno, tagliato e scalfito con taglio secco e deciso, ma sempre carico d’amore e di comprensione, quella comprensione che spinge l’artista a far emergere con fatica e sacrificio, ma sicura scelta, l’immagine dalla massa informe lignea.

In questo modo si materializzano le forme, irrequiete e suggestive, a volte simboliche in quanto rimandano ad altro, di “Nascita”, “Decadenza”, oppure i più realistici “Pastore”, “Ascesi”, “Vecchio della montagna” (uno Zarathustra vero e proprio), “L’aurora”, “Libertà”. Tutte opere dove il fluire incessante del tempo rivela inaspettate scene, dove anche le linee monche o troncate segnalano una presenza misteriosa e stimolante, la presenza di un Ente divino.

 

Graziano Riccadonna